La nostra filosofia
Il malessere
Probabilmente se non stessi male, non saresti capitato su queste pagine. Hai dei sintomi molto invalidanti. Il DDD (Disturbo da Depersonalizzazione e Derealizzazione) è causa di sintomi dolorosi, poco o nulla compresi, che il più delle volte inducono un insostenibile sentimento di solitudine.
Il nostro primo impegno è far capire al paziente che non è solo, non è così strano e unico da essere incomprensibile. I suoi sintomi non lo rendono diverso da altri pazienti, né diverso da noi, che siamo professionisti e ci occupiamo di capire e curare chi come lui è in stato di sofferenza.
Molte altre persone soffrono dello stesso disturbo che, nella sua struttura di base, non è diverso da altri disturbi.
Quindi puoi tranquillizzarti: primo, non sei diverso dagli altri; secondo, abbiamo studiato e curato centinaia di casi come il tuo; terzo, sappiamo che se ne può uscire completamente, non solo recuperando la salute mentale ma anche dando un nuovo significato alla propria vita.
La ricerca
Sei quei perché hai dato spazio all’impulso di ricerca. Volevi sapere qualcosa circa i tuoi disturbi. Anche in questo non sei solo: anche noi ci muoviamo sulla base dello stesso impulso: non siamo soltanto clinici, quindi specialisti nella terapia; siamo anche ricercatori, quindi abbiamo dedicato la vita alla conoscenza, in particolare alla conoscenza della vita psichica umana e ai suoi disturbi.
Il desiderio di ricerca è un aspetto importante della capacità di capire il proprio disturbo, di capirne la funzione e quindi di evolvere verso un grado maggiore di salute. È importante conservare sempre, anche quando si sta meglio, il desiderio e la capacità di ricercare.
Il tuo desiderio di porti domande, cercare e capire aiuterà noi a guarirti e te a prevenire altri disagi e a vivere sempre meglio.
Il sintomo come risorsa intelligente
Per quanto doloroso possa essere, il sintomo non sbaglia mai. Non è un segnale insensato di un disturbo privo di ragioni. Svolge sempre una funzione – e il compito dello psicoterapeuta è di scoprire quale sia. Di solito, il sintomo argina o punisce impulsi o emozioni antitetici, qualcosa di complesso e conflittuale che il soggetto teme di ospitare dentro di sé.
Ebbene, nel suo funzionamento, il sintomo non solo descrive l’inconscia intelligenza della persona che lo ospita, ma allude anche –- per contrario – a ciò che la sua azione sintomatica nasconde, frena o punisce.
Questo è forse il lato più misterioso e affascinante del lavoro che svolgiamo in quanto psicoterapeuti: scoprire cosa il sintomo nasconda e quanta energia trattenga nella sua logica afflittiva e punitiva.
L’arte della terapia consiste nel liberate l’intelligenza e l’energia contenute nella psicopatologia e far sì che il paziente ne faccia il miglior uso possibile per la sua vita e la sua felicità.
La liberazione dei bisogni
La Psicologia Dialettica presuppone l’esistenza di due bisogni fondamentali: il bisogno di integrazione sociale e il bisogno di opposizione-individuazione. Il primo bisogno, più antico del secondo, favorisce la costruzione di legami intensi e saldi, di natura sia affettiva che sociale. Per questa via l’individuo è tutt’uno con le persone che ama e coi valori che queste gli trasmettono.
Il secondo bisogno, il bisogno di opposizione-individuazione, è secondario rispetto al primo e dipende da quello. Attraverso il dispiegamento di questo secondo bisogno – il bisogno di individuazione – l’individuo si mette in relazione con se stesso, si oppone in modo riflessivo e dialettico al gruppo di appartenenza e individua le proprie caratteristiche distintive e la proprio vocazione personale: diventa un individuo completo. Quando il primo bisogno, il bisogno affettivo, impedisce lo sviluppo del secondo, individuativo, il conflitto è inevitabile, un conflitto sia intimo che talvolta relazionale.
La psicopatologia che ne deriva blocca lo sviluppo di entrambi i bisogni, perché l’uno interferisce e inibisce l’altro.
La buona evoluzione della psicoterapia consente allora il dispiegarsi di entrambi i bisogni. Nelle fasi ottimali del percorso, il paziente scopre non solo di essere più autonomo su un piano psicologico e più coraggioso su un piano morale, ma anche di essere in grado di concepire l’amore e la società in modi completamente diversi da come aveva fatto fino a quel momento.
La vocazione personale
Guarire – ovvero godere di una salute fluida e complessa – significa individuarsi, cioè conoscersi meglio e vivere secondo creatività e progetto. Solo una minoranza di persone conosce la propria vocazione sin da un’età relativamente precoce. Una parte considerevole delle persone la deve scoprire nel corso della vita, anche adulta. E solo un rapporto trasparente con se stessi consente di farlo.
La salute cui si perviene nelle fasi ottimale della terapia dialettica aiuta il paziente a capire chi è, cioè di quali qualità dispone (e anche di quali qualità non dispone) e di indirizzarle verso la meta più adeguata alla propria realizzazione personale.
Il nuovo sentimento di appartenenza
Guarire significa riconoscersi e riconoscere i propri simili.
Sei arrivato fino a noi con lo scopo di tornare alla tua vita di prima, quella che precedeva l’avvento del disturbo. Questo scopo in molto casi è possibile: la persona guarisce e si reintegra – con un grado maggiore di originalità – nel contesto originario e nel vecchio stile di vita.
Talvolta però guarire significa cambiare qualcosa di sostanziale. Significa evolvere e modificare non solo il proprio Io ma anche la forma della propria appartenenza: per esempio, cambiare il proprio modo di amare e stringere amicizie solidali, talvolta anche il modo di porsi in relazione con la vita sociale.
Noi, come terapeuti, sosteniamo fino in fondo anche questo tuo coraggioso sforzo di cambiamento. Con noi, ti accorgerai che è scomparsa ogni forma di angoscia di isolamento e solitudine. Talvolta si può desiderare di essere soli fisicamente, per stare a contatto con se stessi; eppure, anche in quei momenti si ha uno scopo, un sentimento sociale, un amore condiviso per la vita.