Depressioni adulte
“Il mio problema deriva sicuramente, almeno in gran parte, dal lavoro che non mi dà pace. Ho 31 anni, ormai mi sento vecchio […]. La mia vita è semplicemente la conseguenza di una lunga serie di errori e insuccessi. A scuola non ero certamente un genio, ho lasciato l’università dopo un anno perché non faceva per me.
Tre anni fa ho aperto una mia attività, ma navigo ancora a vista, nel senso che in tre anni speravo di costruire un’attività seria e guadagnare discretamente, senza pretendere di diventare ricco. Invece sono qui che ogni mese devo fare i conti […].
Ad oggi mi ritengo una nullità, uno che non sa dove sta andando, uno che sta cadendo da un dirupo che sembra non avere fine. Mi sento un fallito. […] La cosa che mi fa stare malissimo è che ho una famiglia fantastica, e l’idea di deluderli non la sopporto.[…] Inoltre mi sento inadeguato ad avere una ragazza e penso: “Se avessi una fidanzata, cosa penserebbe di me?”
Come ho già spiegato in un articolo precedente, la depressione nasconde un’intima volontà di auto-sottomissione, atta a reprimere ogni impulso naturale diretto alla libertà, alla realizzazione personale e quindi alla gioia e al piacere. Le depressioni in età adulta si rivelano particolarmente insidiose, sia perché condizionano l’intero assetto della personalità e il rapporto con tutto il mondo sociale, sia perché tendono a cronicizzare.
Tipico è l’esempio del trentenne che, al termine degli studi e al principio della vita lavorativa, soprattutto se allontanatosi dal paese d’origine, si sente fuori posto, inadatto, deluso da una vita professionale idealizzata in gioventù, oppure arrabbiato con se stesso per le scelte formative compiute. Altro caso classico divenuto tristemente diffuso è quello del cinquantenne che perde il posto del lavoro e non sa come riciclarsi nel mercato dell’impiego. Abbondano poi i casi come quello riportato in citazione, ossia di imprenditori che non riescono a raccogliere i frutti del loro impegno, e quindi, giorno dopo giorno, sentono crescere dentro di loro sentimenti d’indegnità e fallimento: “altri ce l’hanno fatta, ma non io”.
Non di rado nelle persone adulte, in particolar modo quelle più anziane, alcuni sintomi che accompagnano la depressione possono essere malintesi e considerati, sia da parte di confidenti che dal soggetto stesso, come “normali” mutamenti psichici associati all’avanzare dell’età. Per esempio un depresso, oltre all’umore basso e al flusso di pensieri negativi, può provare stanchezza, difficoltà nel sonno, scarsa libido, oppure la perdita di interesse per quelle attività che un tempo lo appagavano.
È facile cedere alla tentazione di reputare tali sintomi, soprattutto quelli fisici, come indipendenti dalla condizione depressiva, o persino considerarli cause di essa, piuttosto che conseguenze. Spesso questa inversione causale stimola la persona a ignorare la dimensione psicologica del malessere e di affidarsi testardamente al solo approccio medico, anche quando gli stessi medici consultati evidenziano la natura psichica, e non biologica, del problema.