Chi sono gli hikikomori?
Il fenomeno
Da alcuni anni si parla molto del fenomeno degli “hikikomori”, termine giapponese che significa “stare in disparte” e che descrive persone, spesso giovani maschi, che hanno scelto di ritirarsi volontariamente dalla vita sociale facendo proprie forme più o meno estreme di isolamento domestico. In Giappone il fenomeno rappresenta un grande problema sociale: recenti stime governative parlano di 700.000 casi e di un ulteriore 1.500.000 soggetti a rischio. Anche in Italia il numero di persone in ritiro volontario è in ascesa, con stime pre-Covid che riportavano circa centomila casi, anche se ormai è lecito ipotizzare un numero reale assai maggiore.
Il rapporto madre-figlio
Dietro una condizione di isolamento volontario si possono nascondere una o più cause di vario genere, che possono spaziare dal bullismo al trauma familiare (ne parlo più approfonditamente qui). Epperò un fattore che ho riscontrato nella maggior parte dei casi è il rapporto di interdipendenza tra madre e figlio, dove il figlio percepisce la vicinanza della madre come una necessità costante e indispensabile, mentre la madre, pur manifestando disapprovazione e sofferenza per la reclusione del figlio, adotta sistematicamente una forma di genitorialità iper-protettiva che le è molto difficile mitigare. A questa dipendenza madre-figlio si associa quasi sempre una distanza, sia essa fisica o anche solo comunicativa, della figura paterna. Tale assetto familiare, che nel figlio tende a innestare forme significative di timidezza e ansia sociale, in Giappone è piuttosto comune e prende il nome di amae. Dal punto di vista del giovane isolato, al comfort e al senso di protezione garantiti dalla relazione amae si contrappone il mondo esterno che, come un’oscura forza assediante, con le sue convenzioni sociali (assai rigide nella società nipponica) e le sue insidie vere o presunte, realistiche o drammatizzate, rende repellente l’idea di essere esplorato.
Per quanto sia indubbio che le norme sociali italiane, o più in generale quelle dell’Europa meridionale, non raggiungano quasi mai la fredda austerità di quelle giapponesi, è altrettanto vero che lo stretto rapporto madre-figlio e la tendenza nostrana a trattenersi nel nido familiare ben oltre la maggior età siano fattori che possono ostacolare lo sviluppo individuale e concorrere all’isolamento domestico.
Cenni terapeutici
Per i casi di isolamento volontario è fondamentale un approccio terapeutico focalizzato sull’individuo e sulle sue relazioni significative. Per quanto riguarda l’intervento sull’individuo, è necessario un percorso che preveda una riabilitazione dell’immagine di sé, dell’autostima e del proprio senso di autoefficacia (intervento sulle rappresentazioni interne del sé), e in parallelo un riesame più realistico del mondo esterno (intervento sulle rappresentazioni interne del mondo). Riguardo invece la sfera relazionale, è importante esaminare gli aspetti disfunzionali presenti nelle relazioni primarie, e il modo in cui questi influenzano negativamente il comportamento e le abitudini del soggetto. In una fase più avanzata della terapia si può procedere aiutando il paziente a tessere relazioni positive con i pari e a tracciare obiettivi di vita realistici sul lungo periodo.