A viso aperto
Capire e gestire timidezza, fobia sociale e introversione
FrancoAngeli editore, 2008
Chi di noi non ha mai avvertito un nodo alla gola alla sensazione d’essere osservato da qualcuno un istante di troppo? L’essenza della timidezza consiste appunto in questo: nella paura di un giudizio negativo riguardo a un proprio tratto caratteriale o riguardo all’intero essere personale, quindi nel bisogno incoercibile di velare parti del proprio mondo psicologico allo sguardo altrui.
Il timido è colui che avverte la vergogna come un’emozione più forte e più lacerante di qualsiasi senso di colpa. Vive la sua identità come qualcosa che è sempre esposto a un giudizio sociale, incapace di difenderla nel segreto di sé o in atti di affermazione personale. La vergogna pervade tutti i suoi atti. Ai livelli più estremi, la timidezza è “fobia sociale” e “disturbo evitante della personalità”: patologie nelle quali l’incontro con gli altri si colora di tinte sempre più fosche, il timore di andare incontro a un crollo diviene sempre più massiccio, fino a costringere il timido a una sorta di isolamento coatto e alla reclusione domiciliare.
Dietro la timidezza c’è sempre un’immagine di sé negativa, maturata nel corso dello sviluppo — il più delle volte nell’adolescenza — e consolidata nell’età adulta. Se però si analizza a fondo questa immagine interna si può scoprire che essa è costituita da qualità potenziali che l’ambiente non è stato in grado di individuare e far maturare.
Spesso il timido è pieno di pensieri sensibili e critici verso un mondo rozzo e insensibile; spesso ha idee controcorrente; non di rado ha una spiccata sensibilità sociale e un altrettanto ricca creatività culturale. Ma — argomenta il libro — queste qualità, percepite nell’infanzia come oppressive zavorre affettive e nell’adolescenza come anormalità psichiche, non hanno potuto prendere la via del largo e manifestare a viso aperto la propria intrinseca ricchezza.
Grazie alle crisi finanziarie e sanitarie globali, che sono anche crisi di valori, l’epoca dell’individualismo esibitivo se non è del tutto alle nostre spalle, è tuttavia oggetto di più ponderata riflessione. Dal punto di vista della riflessione psicologica e etica, è passato il tempo in cui il timido era costretto a sentirsi un “malato” (con l’avallo di “scienze” ambigue che trovavano la malattia genetica ovunque).
Oggi il timido, il fobico, l’introverso dovranno apprendere a considerarsi come dei “ricchi” che non sanno ancora di essere tali.